di Giuliano Santoro Fonte Il Manifesto
Questo pomeriggio Giorgia Meloni riceverà a Palazzo Chigi gli altri leader della destra. Con Matteo Salvini, Antonio Tajani e Maurizio Lupi, la presidente del consiglio dovrà fissare l’agenda politica dei prossimi mesi. Secondo Tajani, in cima alle priorità c’è l’autonomia con il ministro degli affari regionali Roberto Calderoli, dopo che la questione dei Lep ha congelato la riforma.
Ma è praticamente impossibile che al vertice non si parli anche delle candidature alle regionali d’autunno, a maggior ragione adesso che centrosinistra e Movimento 5 Stelle hanno definito tutto lo scacchiere. Ci sono da completare le caselle in Puglia e Campania, dove la corsa della destra parte in salita, e bisogna scegliere un nome per il Veneto, dove anche il presidente uscente Luca Zaia ha indicato la sua preferenza per il parlamentare salviniano Alberto Stefani. Se Fratelli d’Italia dovesse rinunciare alle sue mire, allora dovrebbe toccare al partito della premier di scegliere il nome del successore di Attilio Fontana in Lombardia. E più osservatori considerano che a quel punto il presidente uscente si dimetterebbe per correre da parlamentare alle politiche del 2027, e a quel punto si voterebbe per il Pirellone, dove già si assiste a schermaglie di sbarramento tra componenti della destra in consiglio regionale, con un anno di anticipo.
Insomma, basta questo esempio per capire che le regionali, il modo in cui la destra sceglierà di affrontarle e i loro esiti, avranno dirette conseguenze sugli ultimi due anni di governo Meloni. A cominciare dalla partita di fine mese nelle Marche, dove il meloniano Francesco Acquaroli deve battere il dem Matteo Ricci. In Puglia la scelta potrebbe cadere sul forzista Mauro D’Attis, mentre in Campania la quadra potrebbe arrivare su un candidato civico indicato da Fratelli d’Italia. Tra i nomi che circolano in queste ore anche quella dell’attuale prefetto di Napoli Michele Di Bari. Anche da queste ipotesi si capisce che la fragilità è dettata soprattutto dalle turbolenze interne alla Lega. Il ceto politico padano è indispettito dalla tracotanza del generale Vannacci. Salvini ieri ha incassato la firma che mancava per la delibera del Cipes sul Ponte ma ha bisogno di agitare lo scalpo dell’autonomia differenziata per far passare il ridimensionamento del suo partito al nord. Difficile che già domani si annunci la soluzione del puzzle, ecco perché l’ordine del giorno dell’incontro non menziona ufficialmente le regionali.
Calderoli metterà sul tavolo le pre-intese con le regioni Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria per il trasferimento delle materie non Lep, per le quali non bisogna fissare preventivamente i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Si parte da protezione civile, previdenza complementare integrativa e le professioni. Quanto alla sanità, Calderoli spera che le regioni possano decidere sulla gestione del personale, sugli stipendi, sulla quantificazione del numero dei medici per rilanciare il tema dell’autonomia prima del raduno della Lega a Pontida del 21 settembre prossimo.
Nel frattempo, la candidata presidente di Toscana Rossa, lista a sinistra del campo largo che sostiene Eugenio Giani, denuncia che Barbara Nannucci, consigliera del Quartiere 3 a Firenze per la Lega, ha partecipato a una celebrazione dei caduti della Repubblica sociale italiana al cimitero di Trespiano. «La stessa Nannucci ha comunicato la propria indisponibilità a candidarsi alle elezioni regionali per le vicende interne al suo partito, immaginiamo per lo scontro tra correnti – ricorda Bundu – Ma il fatto che ritenga la Repubblica italiana un tradimento e una resa, la rende incompatibile a qualsiasi ruolo pubblico elettivo».



