di Ottorino Gurgo
Fonte Il Roma
Matteo Salvini comincia a pagare il prezzo della sentenza con la quale il Tribunale di Palermo lo ha assolto dal duplice reato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. I dirigenti del partito, infatti, dopo aver manifestato piena solidarietà al loro segretario in tutto il periodo precedente al processo, lo hanno ora invitato a modificare la sua linea, a riportare la Lega alla sua caratteristica di partito del Nord come lo aveva voluto Umberto Bossi che ne era stato il fondatore abbandonando la velleità di farne un partito a carattere nazionale. Del resto questa trasformazione non ha prodotto risultati rilevanti se e vero che nelle più recenti consultazioni elettorali, la Lega ha perso voti tanto da essere sorpassata da Forza Italia nel ruolo di secondo partito del centrodestra e al Sud ha perso tutti o quasi i consensi inizialmente ricevuti. Giorgia Meloni, comunque, non intende assolutamente assecondare la richiesta di ritorno alle origini, sostenuta soprattutto da veneti e lombardi. E anche Forza Italia è contraria a collaborare con un partito di stampo nordista che metterebbe in discussione l’unità nazionale, considerata un bene irrinunciabile. Il rischio è quindi che le difficoltà che Salvini sta attraversando si ripercuotano sul governo. Per resistere alle pressioni dei suoi compagni Salvini, che non desiderava (nonostante certi suoi atteggiamenti a rompere con la Meloni, chiese alla presidenza del Consiglio due cose: rendere quanto più possibile incisiva la legge sull’autonomia regionale in modo da garantire ai governatori leghisti più ampi poteri e operare un rimpasto per portare un esponente della Lega al ministero degli Interni. Anche queste richieste, tuttavia, non sembrano destinate ad ottenere un’accoglienza favorevole da parte della presidente del Consiglio. Certo è che Salvini appare stretto in una morsa e resta da vedere se e fino a qual punto la sua difficile situazione.