La sedia vuota di Roberto Vannacci è stata la prima, evidente, fotografia del Consiglio federale della Lega di ieri. Niente presenza fisica, niente collegamento da remoto. Il generale, recentemente nominato vice segretario, ha scelto – o è stato consigliato -di tenersi alla larga da una riunione che, dopo la batosta toscana, rischiava di trasformarsi in un processo politico. E in effetti il suo nome è stato il più pronunciato tra le mura di via Bellerio, sede milanese del partito, dove la riunione del Federale non si teneva da più di un anno.
Sotto la pressione dell’ ala nordista, raccolta attorno al governatore del Veneto Luca Zaia (collegato da remoto e solo per la prima parte della riunione), Matteo Salvini ha dovuto gettare acqua sul fuoco. ” team Vannacci potranno essere solo associazioni culturali, non soggetti politici” ha scandito il leader, cercando di calmare le acque interne. Una rassicurazione tutt’altro che scontata, arrivata dopo settimane in cui i gruppi vicini al generale hanno moltiplicato iniziative, simboli e circolari sul territorio, alimentando il sospetto di un partito parallelo dentro la Lega.
Per l’ala nordista la misura è colma. Non è solo una questione di comunicazione, ma di linea politica e di controllo del partito. Non a caso, da quelle stesse aree è arrivata la proposta – per ora respinta bruscamente – di trasformare la Lega in una struttura confederale, sul modello della tedesca Cdu-Csu: un contenitore per il Nord e uno per il resto del Paese.



