venerdì, Dicembre 5, 2025
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Si avvicina la resa dei conti nella Lega spaccata in tre parti

di Alessandro Braga

Fonte Il Manifesto

La prima (parziale) resa dei conti potrebbe arrivare martedì. Per quel giorno è stato convocato il consiglio federale della Lega in via Bellerio. Tornare in presenza nella storica sede leghista di Milano è una scelta non casuale, dopo tanti federali convocati da remoto. Un segnale di attenzione al territorio, una distensiva mano tesa ai tanti insofferenti ancorati alle origini del movimento, ormai da tempo in fibrillazione e pronti a scatenarsi, si potrebbe pensare. In realtà i salviniani più ortodossi sono certi che la frangia nordista non alzerà più di tanto la voce contro il segretario federale.

All’ordine del giorno c’è la valutazione degli ultimi risultati elettorali, con la debacle toscana in primo piano. E sul banco degli imputati probabilmente finirà Roberto Vannacci, che se ne starà però alla larga da via Bellerio. La seconda data da segnarsi sul calendario è il 25 novembre, quando ci saranno i risultati delle regionali venete. Se la Lega dovesse nella urne dovesse essere dichiaratamente marcato Luca Zaia, per Salvini sarebbe un problema. Il Doge lo ha detto chiaro, l’altra sera, annunciando la sua candidatura come capolista in tutte le circoscrizioni: «Se qualcuno mi vede come un problema, vediamo di renderlo reale». La sua discesa in campo, venduta come «spirito di servizio», è una sfida lanciata non solo agli alleati, ma anche in casa Lega.Tagliato fuori da un terzo mandato prima, esclusa la sua lista personale poi, tolto pure il suo nome dal simbolo leghista, Zaia non ha intenzione di farsi da parte e, in attesa di decidere quale sarà il suo futuro, vuole giocarsi le sue carte. L’obiettivo lo ha esplicitato dal palco di Pontida: creare una nuova/vecchia Lega, che torni a essere sindacato del territorio, federata con la Lega sovranista salviniana, per salvare capra e cavoli, e garantire un futuro al movimento. Con al suo fianco i governatori del Nord, Fedriga e Fontana.

Se il primo guarda con attenzione senza esporsi troppo, il lombardo è da tempo il massimo sponsor dell’operazione. Anche perché rischia di essere la vittima sacrificale da servire sul piatto dello scambio Meloni/Salvini. L’ipotesi, probabile se non certa, che il prossimo candidato della destra in Lombardia sarà un meloniano, magari con un ritorno alle urne un anno prima, in modo da accorpare il voto lombardo a quello nazionale, è visto come il fumo negli occhi dalle parti di Palazzo Lombardia. Tra i corridoi del Pirellone, sede del consiglio regionale lombardo, più di un leghista sussurra a mezza voce «col cazzo che gli lasciamo la nostra casa».

L’aria nella Lega è frizzantina, per usare un eufemismo. Il Carroccio in questo momento è una specie di cerbero a tre teste. Ma, a differenza della figura mitologica dantesca impegnata a dilaniare i dannati, in quella leghista le tre teste sono più intente a mordersi tra di loro, in una sfida a chi sta meno peggio. Perché nessuna delle tre anime gode davvero di buona salute.Se si guarda a sinistra (termine improprio trattandosi della Lega) l’ala nordista che prova a rialzare la testa deve fare i conti con la difficoltà di recuperare consensi nel suo storico bacino elettorale. Quel ceto moderato sembra guardare con maggior attenzione alla corrente nordista di Forza Italia, che in Veneto fa capo a Flavio Tosi e in Lombardia sta facendo proseliti grazie all’azione del coordinatore regionale Alessandro Sorte.

E poi c’è la concorrenza dei fuoriusciti leghisti del Patto per il Nord, che a metà novembre terrà il suo congresso fondativo come partito. A destra Vannacci è stretto tra gli attacchi dei leghisti della prima ora, che non si rassegnano a una Lega vannaccizzata, e i suoi fedelissimi, che non vedono di buon occhio la postura “democristiana” del generale. Stefania Bardelli, leader del team Vannacci di Varese, detta “la Bersagliera”, ha detto di «faticare a ritrovare il Vannacci della prima ora» e si augura per lui un futuro lontano dalla Lega. In mezzo ci sta il segretario federale, accerchiato. Salvini rischia di ritrovarsi rinchiuso nel rinchiuso nel labirinto del minotauro. E senza Arianna a tendergli un filo.

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