L’episodio che ha visto protagonista Tyler Robinson non può essere liquidato come un gesto isolato. Da troppo tempo, infatti, da una parte politica l’avversario viene rappresentato come un nemico da colpire,
offendere e delegittimare. Questo clima non nasce dal nulla: è il frutto di una cultura che per decenni ha ripetuto lo slogan secondo cui “uccidere un fascista non è reato”, legittimando l’idea che la violenza politica sia accettabile.
Non ci si può stupire, allora, se c’è chi arriva a definire l’assassinio di Charlie Kirk come un “atto di resistenza”. I mandanti morali sono coloro che hanno alimentato e protetto questa narrazione, sostenuta e
giustificata da settori dell’informazione e della magistratura. Il gesto di Robinson non fa eccezione: è il risultato diretto di un
brodo culturale che intellettuali e opinionisti – tra i quali anche Gad
Lerner che ha provato a smontare questa tesi – hanno contribuito a rafforzare, rendendosi responsabili di un odio bieco e normalizzato.
Basta con la “mafia antifascista”, basta con questi metodi, con le connivenze tra istituzioni e sinistra radicale che legittimano l’odio come parte della lotta politica.
Che su uno dei proiettili utilizzati è incisa la frase “Bella ciao”, come è emerso, non è un dettaglio marginale: quella scritta non è solo simbolica, ma rivela come l’azione sia inserita in un immaginario politico preciso, che richiama la sinistra radicale e l’antifascismo militante”.
Lo afferma in una nota, diffusa alla stampa, CasaPound Italia



