di Marco Antonellis
Nelle feste estive della Lega c’è un nome che ricorre sempre più spesso: Roberto Vannacci. Un nome che mette insieme curiosità, entusiasmo e, soprattutto, timore. Perché a tre mesi dal congresso che lo ha consacrato vice di Matteo Salvini, l’ex generale continua a essere vissuto come un corpo estraneo dai vecchi dirigenti del Carroccio. E il suo successo, dicono in molti, rischia di trasformarsi in un’Opa sul movimento.
Lo si vede chiaramente nei numeri. Mentre alle serate con Salvini – raccontano fonti locali – le file si accorciano e le platee si fanno più rade, quando sul palco sale Vannacci si registra quasi sempre il tutto esaurito. Non è solo questione di numeri, ma di linguaggio e d’identità. «Vannacci parla diretto, usa parole forti, a volte divisive. Ma è proprio questo che piace a una parte del nostro mondo», osserva un deputato. Salvini, invece, appare più istituzionale, a tratti appannato dopo anni passati a guidare la Lega e a reggere i delicati equilibri di governo.
Così, nelle feste tradizionali che per decenni hanno scandito l’estate del Carroccio, le differenze diventano visibili. Le serate con i big attirano ancora militanti e amministratori, ma manca la spinta popolare di qualche anno fa. Con Vannacci, invece, si vedono anche volti nuovi: curiosi, simpatizzanti, elettori indecisi. Il “pericolo Vannacci” diventa allora uno degli argomenti più gettonati.
«Non è che voglia fare il golpe domani – scherza un consigliere regionale – ma è evidente che un pezzo di base lo vede già come leader». A preoccupare è la rapidità con cui Vannacci ha costruito una sua forza: un tour continuo sul territorio, una presenza costante sui social, una retorica che punta dritta a temi identitari e a slogan semplici, immediati.
Fonte l’Espresso



