di Andrea Carugati
fonte Il Manifesto
A conti fatti, l’unica regione dove il centrodestra ha la quasi certezza di vincere (se non si dividerà) è il Veneto. E della regione locomotiva del nordest hanno discusso ieri Meloni, Salvini e Tajani nel vertice di pranzo a palazzo Chigi. «É andata benissimo», gongola Salvini. E ribadisce: «Squadra che vince non si cambia». « Non abbiamo parlato di regionali», spiega Tajani ai cronisti. Difficile credergli.
Di certo l’intesa non c’è ancora. Ma c’è uno schema confermato da fonti di maggioranza: il Veneto, salvo colpi di scena, resterà alla Lega. Meloni, nonostante i numeri delle europee pongano Fdi molto davanti al partito di Salvini (37,6 contro 18,8%), avrebbe deciso di lasciare la regione all’alleato, consapevole che per il capitano leghista perdere il Veneto sarebbe una debacle. Il nome in pole position è quello del vicesegretario, e leader regionale, Alberto Stefani.
Non è quello più gradito all’uscente Zaia, e neppure al corpaccione autonomista che non risponde direttamente a Salvini. Ma il segretario non ha alcuna intenzione di giocarsi il bonus concessogli da Meloni per un candidato che non risponda direttamente a lui. L’altro nome sul tavolo è quello dell’assessore allo Sviluppo Roberto Marcato, che ha un forte consenso tra i leghisti veneti. Ma non è un salviniano doc.
L’ACCORDO ANCORA NON È chiuso. E bisogna capire cosa vorrà fare Zaia: il capolista di una sua civica a sostegno del candidato presidente, in attesa delle politiche del 2027? Oppure il ministro dell’Agricoltura, tema a lui molto caro, in caso di rimpasto di governo? Salvini gi avrebbe garantito che si muoverà per portarlo al governo.
Ma Meloni di rimpasti non ne vuole sentir parlare. Dunque è assai probabile che il «Doge» si ricandidi alle regionali, magari puntando a un assessorato di peso. «La mia civica esiste da sempre, è un segno di attenzione nei confronti di quei veneti che non votano a destra. Nel 2020 ha raccolto oltre al 44% dei voti, ora vedremo che cosa accadrà nei tavoli nazionali», ha detto ieri in un’intervista.
MELONI NON HA ANCORA del tutto rinunciato all’idea di prendersi una grande regione del Nord, e così i tre leader della destra hanno deciso di rivedersi lunedì. In ballo anche l’ipotesi che in Campania corra il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che finora ha respinto con forza le avances.
Se alla fine dovesse cedere, si aprirebbe davvero al rimpasto, con l’ingresso di Zaia al governo (il ritorno all’Agricoltura dove era stato con il governo Berlusconi) e il possibile trasloco di Francesco Lollobrigida agli Interni. Ipotesi che viene però considerata improbabile visto che quel posto lo rivendica Matteo Salvini. In ogni caso il centrosinistra ha già schierato Giovanni Manildo, che nel 2013 strappò Treviso al leghista Gentilini.
PER LE DESTRE LA SOLUZIONE sembra essere più semplice in Puglia e Toscana, dove le destre hanno assai meno chance di vincere. In Puglia dovrebbe correre il deputato forzista Mauro D’Attis, in una sfida che appare improba se Antonio Decaro scioglierà la riserva e si candiderà per il campo progressista. In Toscana, sfida ancor più impossibile di quella pugliese, il nome che circola è quello del sindaco di Pistoia Alessandro Tomasi, che è già in tour per la regione al grido di «Ora o mai più, l’alternanza fa bene a tutti. Io credo che se tutti gli astenuti andassero a votare 8 su10 voterebbero per noi». In Campania, in assenza di Piantedosi, dovrebbe correre il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli di Fdi.
IL PD PER ORA ha congelato l’autocandidatura del presidente uscente Eugenio Giani, in attesa del via di libera di Conte, che passa in primo luogo dall’ok al suo Roberto Fico in Campania. «Noi veniamo da cinque anni di opposizione alla giunta Giani e abbiamo chiesto dei forti segnali di rinnovamento. Adesso valuteremo se questi segnali arriveranno, anche alla luce anche dei confronti interni al Pd», ha detto ieri il Leader del M5S .
In Campania la strada per Fico (dopo l’incontro tra Conte e De Luca) appare in discesa, ma l’accordo non è ancora chiuso. E c’è da capire anche quale sarà la data delle elezioni. Se Marche e Toscana già hanno indicato rispettivamente, fine settembre e il 12 ottobre, nel centrodestra si continua a ragionare su un election day a fine ottobre.



