mercoledì, Marzo 12, 2025
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Rampelli ricorda Paolo Di Nella: “gli assassini strisciano nell’ombra”

Ricorre oggi il quarantaduesimo  anniversario della morte di Paolo Di Nella, attivista missino, ucciso a 20 anni, alla fine dei tragici anni di piombo. Il giovane militante del Fronte della Gioventù, fu aggredito mentre affiggeva manifesti a Roma, la sera del 2 febbraio del 1983. Morì dopo 7 giorni di coma, il 9 febbraio del 1983. Il giorno dopo avrebbe compiuto 21 anni. Cosi lo ricorda, in un post pubblicato sulle sue pagine social Fabio Rampelli, vice presidente della Camera dei Deputati ed esponente di spicco di Fratelli d’Italia.
Marco ha 22 anni ed è qui stanotte, in Piazza Gondar, insieme a lui Andrea che ne ha 24, Lucia che ne ha appena compiuti 18, Silvia, Massimo, Mattia, Francesco, Simone e tanti ragazzi che non erano nati il 9 febbraio del 1983, quarantadue anni fa. Quando Paolo muore.
Sette giorni prima, dopo aver preparato la campagna per l’esproprio di Villa Chigi e la sua restituzione alla comunità di quartiere, decide di andare ad affiggere, solo con Daniela, i manifesti scritti a mano con la solita cura, ma la notte diventa presto più buia di qualunque altra. Due vigliacchi rimasti impuniti gli si fanno sotto mentre la pennellessa passa la colla sul muro, Daniela è in auto, li vede, lo avvisa con un colpo di clacson ma gli assassini, da dietro, gli assestano il colpo alla tempia che gli frantuma il cranio. Paolo cade, si rialza, raggiunge l’auto, si fa accompagnare a una fontana, si sciacqua, sale a casa, si mette a letto, si rialza, va in bagno, si lamenta. I genitori, due angeli composti e amabili, lo sentono, Paolo sta perdendo conoscenza. Dopo poco è già al Policlinico Umberto I, a lottare tra la vita e la morte, va in coma, resiste qualche giorno mentre lo vegliamo e aspetta la visita del Presidente della Repubblica Sandro Pertini per volare oltre. E chiudere a doppia mandata la porta dello scontro tra destra e sinistra.
Abbiamo pianto, inondato le vie del quartiere africano, da dove partì l’agguato, urlando a squarciagola così che lui sentisse e combattesse ancora, tra lingue di Menelik, bambini in maschera e piogge di coriandoli. Il carnevale si fa beffa del sonno eterno, il dolore e l’allegria si mescolano insieme in una danza surreale. Quanta energia nella disperazione.
Paolo non c’è più, uno dei migliori di quella generazione testarda e creativa destinata a rivoluzionare la destra italiana ci viene strappato con la solita violenza che ha già funestato gli anni ‘70 mietendo vittime innocenti da una parte e dall’altra. Come per un tuono che ti scoppia nel cuore e ti scaraventa sul muro, ogni certezza improvvisamente vacilla, qualche idiota agita lo spettro della vendetta, dice in giro di sapere chi sia l’assassino e vuole tornare indietro. Nessuno lo segue.
Camminiamo storditi tra i viali del Policlinico, troviamo Paolo in una stanza dalla luce rafferma e i soffitti alti, tra tante barelle affiancate, troviamo il suo corpo esangue, la testa rasata ha perso la sua chioma lunga e disordinata, un giglio bianco sul ventre scandisce il suo compleanno… Morire il giorno in cui sei nato: un segno che racconta il tuo destino.
Sul muro incriminato di quella piazza maledetta compare a caratteri cubitali la scritta: «Chi muore combattendo non muore mai, vive nella lotta della sua gente». E così è stato. Ti abbiamo portato con noi, ogni passo un’impronta, abbiamo rifiutato tutte le scorciatoie per servirti la vittoria, l’impensabile governo dell’Italia e oggi sei tu il nostro capo delegazione nel Consiglio dei ministri.
Perché morire a vent’anni è ingiusto, devasta la mente e dilania il cuore, ma come chi perde la vita in trincea merita la gloria eterna solo la vittoria avrebbe dato un senso alla tua morte. E vittoria è stata.
Piove, questa notte è sempre fredda, qualunque sia la temperatura dell’aria, i ragazzi si mettono in cerchio per tre volte e cantano insieme, Paolo sembra lì, in fila con loro. «Seconda stella a destra, questo è il cammino e poi dritti, fino al mattino»… il tempo si è fermato a Piazza Gondar.
Dopo oltre quarant’anni gli assassini strisciano nell’ombra con i loro perfidi complici, mentre noi siamo qui e il nostro amore rischiara le tenebre. La morte ha perso la sua battaglia contro la vita. Siamo ancora qui e qui resteremo.
Buon compleanno soldato Paolo.
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