di Federico Capurso
Fonte La Stampa 05-09-2024
«Roby!», «Matteo, abbracciamoci!». Il generale Roberto Vannacci e Matteo Salvini si stringono in un saluto sotto l’arco di Porta Romana, a Viterbo, dove aspettano la partenza della processione della macchina di santa Rosa, patrona della città . Salvini era atteso in Prefettura, ma quando ha saputo che Vannacci era «tra la gente», ecco, ha detto subito ai suoi: «Andiamo lì anche noi». Lo marcano stretto. Sono insieme, quindi, ma quasi non si rivolgono nemmeno la parola. Ognuno con il suo staff, ognuno alle prese con la folla assiepata ai bordi delle strade in attesa della processione: chi chiama Vannacci per un selfie non chiama quasi mai Salvini, e viceversa. Diventa subito chiaro a tutti che si sta assistendo al tentativo di mescolarsi dell’acqua e dell’olio.
Il leader della Lega lo chiama “Roby”, nomignolo davvero poco adatto a un generale dell’esercito. Si addice più a un sottoposto. Salvini, ai suoi pari, non storpia il nome; Tajani e Meloni restano Antonio e Giorgia. Quando arriva in piazza, poi, la folla grida il suo nome: «Salvini!». Chi per chiedere una foto, chi per insultarlo, ma tant’è: lì sono puntati i riflettori. E Vannacci, nonostante l’ego e i suoi 560mila voti presi alle Europee - «tutti scrivono 500mila e dimenticano i 60 mila, che non sono pochi, valgono un’elezione da deputato o da senatore. Scriva 560mila, mi raccomando», si premura con i giornalisti - ecco, nonostante tutto questo, Vannacci sembra intimorito. «Matteo è un ministro, un vicepresidente del Consiglio, io no», dice, quando vede la gente che si sbraccia in strada chiedendo una foto. Magari le cose cambieranno quando farà un suo partito. Proprio qui a Viterbo, tra due settimane, Vannacci riunirà i suoi seguaci. Ci sarà il primo raduno dei vannacciani d’Italia. La prima kermesse di un partito che si sta formando. E ci vorrà tempo. Probabilmente, quasi un paio d’anni, in modo da arrivare preparati alle prossime elezioni politiche. Per questo Vannacci non sembra avere alcuna intenzione di scendere troppo in fretta dall’autobus di Salvini: «Sono orgoglioso di far parte della Lega. Per ora ci sono queste condizioni… io resto “dentro”, insieme a tutti quelli che vogliono seguirmi». E di tesserarsi con il Carroccio «ne parleremo più avanti. È una scelta che ha molti punti a favore e nessuno contro, ma dobbiamo parlarne insieme».
Per ora, dunque, sarà un partito nel partito. E dal palco di Viterbo, il prossimo 19 settembre, «parlerò a braccio. Non mi preparo mai un discorso. Ho le mie idee e mi bastano quelle». Idee che lo stanno portando a destra della Lega. A un’estremità del tavolo, come i tedeschi di Alternative fur Deutschland, che sembrano i più affini al generale. In Germania hanno appena incassato un altro ottimo risultato alle elezioni regionali: primo partito in Turingia. In Europa, invece, sono stati cacciati da Salvini e da Le Pen. Per Vannacci, però, «a Bruxelles dobbiamo dialogare anche con AfD, ci devono essere convergenze con chi persegue i nostri stessi obiettivi». Il loro successo alle elezioni regionali tedesche «coincide con il boom dei sovranisti e certifica il fallimento delle politiche dell’Europa e della sinistra. Bisogna farsene una ragione: il popolo vuole questo», dice il generale. «La volontà popolare non è stata rispettata in occasione dell’elezione della presidente della commissione europea e ora il popolo si fa sentire ancora di più». Sono stati tacciati di razzismo, gli si fa notare. «Sono sovranisti».
È una parola che ripete spesso, “sovranista”, seconda solo a “camerata”, quando parla con chi come lui è stato nell’esercito. E lo fa spesso. A Viterbo, poi, lo fermano in tanti identificandosi con il reparto delle Forze Armate. Viterbo è da sempre città di militari, ospita la scuola sottoufficiali dell’Esercito. Per strada si incontrano i ragazzi della caserma, in prefettura invece ci sono i graduati. Come Andrea Di Stasio, che guidava la Brigata Sassari e che incrocia Vannacci tra la folla che sbicchiera con il prosecco nel cortile della Prefettura: «Il mio cappellone!», lo saluta Di Stasio. Il cappellone è «un termine storico», spiega Di Stasio, con cui vengono chiamate le reclute che, al primo anno, avevano spesso un cappello di una taglia troppo grande, indossato male. Vannacci, invece, lo saluta «camerata!». Lo fa più volte. Di Stasio, in imbarazzo, precisa: «Collega di corso». Ma com’era Vannacci in accademia? «Com’è oggi. Bravo, preparatissimo». Il generale nell’esercito piace molto. «I militari mi amano, mi hanno votato alle Europee». Ed è quello che fa paura a tanti. «Paura di un golpe? Ma smettiamola, sono sciocchezze», rassicura lui, attorniato dalle divise.
I fedelissimi di Salvini lo hanno già messo in conto: «Ãˆ abituato a comandare, lo ha fatto per tutta la vita e vorrà farlo anche in politica. Intanto, per noi, ha portato il risultato che serviva alle Europee». Poi, si troverà qualcun altro, qualche altro esperimento mediatico in grado di salvare il capo.
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