"La Lega c’è, vince e vincerà ". Solo qualche giorno fa, da Firenze dove ha riunito i leader sovranisti del vecchio continente, Matteo Salvini ha lanciato la sfida per le europee. «Una sfida decisiva», ha detto il vicepremier, per il destino dell’Unione ma anche, ci permettiamo di aggiungere noi, per il suo.
Per il segretario nazionale del Carroccio il voto per Bruxelles potrebbe infatti essere l’ultima occasione per risollevare le sorti di una leadership che da troppo tempo tiene il movimento inchiodato intorno al 9%. Posizionando la Lega alla destra di Giorgia Meloni - e alleandosi con nazionalisti e xenofobi di mezza Europa - Salvini punta a rosicchiare voti a Fratelli d’Italia, nella speranza di poter ancora continuare a mantenere la presa su un partito costruito a sua immagine e somiglianza, ma che in realtà potrebbe implodere da un momento all’altro.
Quella di Salvini è una parabola che andrebbe studiata nelle università .
Siamo di fronte all’unico caso al mondo di un politico che pur avendo perso oltre 6 milioni e mezzo di voti è rimasto alla guida del partito.
I numeri hanno il vantaggio di essere inopinabili e, in qualche caso, impietosi.
Giova ricordare che alle scorse europee, quelle del 2019, la Lega ottenne ben il 32,4%, un successo inatteso e di proporzioni storiche. Solo 3 anni dopo, alle politiche del 2022, precipitò però all’8,8%, passando da nove a due milioni e mezzo circa di voti. Una catastrofe,come scrive il collega Riccardo Di Blasi, in un interessante articolo pubblicato su orticalab. Articolo che potete leggere integralmente cliccando qui
Per il segretario nazionale del Carroccio il voto per Bruxelles potrebbe infatti essere l’ultima occasione per risollevare le sorti di una leadership che da troppo tempo tiene il movimento inchiodato intorno al 9%. Posizionando la Lega alla destra di Giorgia Meloni - e alleandosi con nazionalisti e xenofobi di mezza Europa - Salvini punta a rosicchiare voti a Fratelli d’Italia, nella speranza di poter ancora continuare a mantenere la presa su un partito costruito a sua immagine e somiglianza, ma che in realtà potrebbe implodere da un momento all’altro.
Quella di Salvini è una parabola che andrebbe studiata nelle università .
Siamo di fronte all’unico caso al mondo di un politico che pur avendo perso oltre 6 milioni e mezzo di voti è rimasto alla guida del partito.
I numeri hanno il vantaggio di essere inopinabili e, in qualche caso, impietosi.
Giova ricordare che alle scorse europee, quelle del 2019, la Lega ottenne ben il 32,4%, un successo inatteso e di proporzioni storiche. Solo 3 anni dopo, alle politiche del 2022, precipitò però all’8,8%, passando da nove a due milioni e mezzo circa di voti. Una catastrofe,come scrive il collega Riccardo Di Blasi, in un interessante articolo pubblicato su orticalab. Articolo che potete leggere integralmente cliccando qui
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