Doveva essere il grande contenitore dei moderati, ma qualcosa è andato storto. Così, per uno strano scherzo del destino, la Lega siciliana si ritrova nei panni del passacarte. Dopo aver ceduto la candidatura a sindaco di Palermo, che aveva allettato Francesco Scoma fino a farlo transitare nel Carroccio (da Italia Viva), e aver rinunciato a un’opportunità più unica che rara, cioè la nomination per il dopo-Musumeci (erano in lizza sia Nino Minardo che Alessandro Pagano), oggi i salviniani hanno dovuto mandare giù il boccone amaro di Catania. Dove non è bastata, per inciso, la presenza forte di altri due transfughi d’eccezione: Luca Sammartino e Valeria Sudano.
Collezionisti di voti ed ex renziani (ma anche di Pd, Udc e Articolo 4). Più che fare “due passi avanti”, come suggerisce la lettura postuma di Sudano, la Lega ha fatto tre passi indietro. Cedendo all’autorità di Fratelli d’Italia nonostante gli interventi a supporto del Comune etneo rivendicati da Salvini (a partire dal “Salva Catania”); subendo l’ostinazione di Raffaele Lombardo nel voler remare contro; e non riuscendo a rafforzare l’asse con Forza Italia, diventato più gracile all’indomani della fuoriuscita di Gianfranco Micciché.
Attorno al Carroccio hanno fatto terra bruciata, come scrive il collega Costantino Muscarà , in un interessante articolo pubblicato su buttanissima.it che potete leggere integralmente cliccando qui
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