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lunedì 24 aprile 2023

Mercogliano: la destra per Fini? Una compagine liberale ed atlantista senza anima

 







di Luigi Mercogliano

Ieri Gianfranco Fini da Lucia Annunziata ha fatto emergere con chiarezza cosa debba essere la destra italiana per il sistema. E cioè una compagine elettorale senz'anima, insipida e impercettibile, che faccia del liberal capitalismo la propria bandiera e che, pienamente inserita nel cappello limitativo di Bruxelles, si ponga, come il sistema vuole, nella cornice dei valori atlantisti che Washington impone, divenendo parte integrante e per questo dirigibile del sistema democratico venuto fuori più di settant'anni fa dalle macerie della seconda guerra mondiale. La Destra di Almirante alle "istituzioni democratiche" non piace. Per questo c'è bisogno ancora della cariatide Fini in questo paese. Per spingere Meloni, già ampiamente avviata sul terreno della omologazione nel sistema democratico, verso un totale azzeramento di tutto ciò che la Destra Nazionale Italiana ha potuto rappresentare dal dicembre del 1946 ad oggi. La vera Destra ha un problema. Grande quanto una casa. Come disse Giorgio Almirante, "la destra o è coraggio o non è. È libertà o non è. È l’azione o non è". Per questo la destra fa paura. Perché se la destra Italiana tornasse davvero a fare la Destra di opposizione, di orgoglio, di identità, di integrità morale e politica, di 

rivendicazione per l'Italia della propria autonomia e della propria indipendenza nazionale ed internazionale, una destra che metta in campo politiche veramente sociali e non provvedimenti annacquati e inconcepibili come la riforma del fisco o la gestione dei migranti o il totale asservimento alla linea dettata da Washington sull'Ucraina- tutto quello, cioè, che non sono e non rappresentano più Fini e Meloni - la destra non sarebbe più corteggiata da Bruxelles, ma almeno questo Paese recupererebbe quella voce contro che, nonostante le tante contraddizioni che pure c'erano nel MSI e soprattutto in Alleanza Nazionale, in questo Paese è esistita fieramente almeno fino alla metà degli anni '90. A Gianfranco Fini - e, di riflesso, a Giorgia Meloni - voglio dedicare questo ricordo romantico della mia giovinezza, nella quale, anche un po' forse senza comprenderne bene il contesto, fui d'improvviso folgorato anch'io da quella Fiamma. Buona lettura, caro Segretario. E buona memoria - per chi ce l'ha ancora, una memoria - cara Presidente del Consiglio.

"Camerati di Napoli, tra breve interverrà sul palco il Segretario del Movimento Sociale Italiano Onorevole Gianfranco Fini". Nell'attesa, i camerati intervenuti per il comizio del Segretario nazionale del Movimento Sociale Italiano, Onorevole Gianfranco Fini, potevano apprezzare le note pregne di significato dell'Inno a Roma. Quindi, appena il Federale di turno - attenzione, il Federale e non il presidente il segretario il coordinatore o roba del genere, ma il Federale - si rendeva conto che la piazza era stracolma di bandiere e il corteo era entrato tutto in piazza, si dava l'ok alla scorta di Fini e alla Digos per farlo entrare e d'improvviso si sentivano le sirene arrivare e lo spiker annunciare l'arrivo del Segretario. Il quale, salito sul palco, col braccio teso salutava la folla romanamente e attaccava il comizio col classico "Cari camerati di Napoli...". Io così mi sono innamorato del FdG e del MSI. Per me Gianfranco Fini è soltanto un opportunista rinnegato e un traditore. Perché la storia si può e si deve evolvere. E il passato deve essere rivisto in chiave moderna e le cose sbagliate del passato possono e devono essere condannate. Ma rinnegare, abiurare, sconfessare significa contraddire se stessi e rendersi meritevoli di deploro. E questo lo fanno soltanto gli opportunisti e, appunto, i traditori.

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