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mercoledì 19 ottobre 2022

La cancel culture genera il sonno della ragione. L'analisi di Schiavone





di Raffaele Schiavone


Il pericoloso morbo della cancel culture proveniente dagli USA è purtroppo giunto anche qui in Italia. L’argomento che tiene banco in queste ore è la polemica innescata dall’ex segretario PD Bersani il quale, indossando l’eskimo polveroso e vetusto degli anni 70, scrive un tweet che trasuda ignoranza storica e ambiguità. Ma procediamo con ordine; quest’anno il 30 novembre ricorre il 90° anniversario di Palazzo Piacentini sede attuale del MISE (ministero dello sviluppo economico). Nel 1932 esso era la sede del ministero delle corporazioni fasciste e Benito Mussolini è stato il primo ministro a guidare questo dicastero che nel corso degli anni ha ovviamente subito delle modifiche non di tipo strutturale e architettonico ma prettamente di indirizzo politico, dato che il ministero delle corporazioni fasciste non esiste più. Per celebrare i 90 anni, il MISE ha deciso di inaugurare una serie di eventi pubblici, inclusa una mostra fotografica in cui sono ritratti tutti coloro che hanno presieduto il ministero dal 30 novembre 1932 ad oggi. Quando è spuntata fuori la foto di Mussolini è scoppiato un caos dannoso e del tutto inutile perpetrato dalla solita intellighenzia italiana pro arcobaleno che racimola ancora qualche voto grazie ad un antifascismo becero e aggressivo, fermo del tutto al 25 aprile 1945, incapace nonostante gli imminenti 100 anni dalla Marcia su Roma di elaborare gli avvenimenti storici anteponendo così boriosità e saccenza.  La storia dev’essere studiata, valorizzata, approfondita e non può essere cancellata sulla base ideologica. Rimuovere la foto di Mussolini dal MISE dopo le varie polemiche di una piccola parte dell’opinione pubblica -squisitamente di parte- è stato un grave errore ed è un pericoloso campanello d’allarme da non sminuire, perché si assecondano isterie che strizzano l’occhio al dannoso dogma del politicamente corretto, capace di generare il sonno della ragione anche alle menti piuttosto brillanti, le quali per “quieto vivere” e per non essere giudicati démodé restano inermi nell’osservare la decadenza morale e culturale della propria nazione.

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