Tredici eletti. I leghisti guardano e riguardano quei dati, e vedono materializzate le loro paure: le elezioni regionali della Lombardia potrebbero essere un colpo durissimo per il movimento. La previsione si basa su una semplice proiezione - che chiunque può fare - dei dati politici attuali (del 25-26 settembre) sull'imminente voto regionale, e dà un risultato nero: i seggi lombardi del partito di Matteo Salvini potrebbero dimezzarsi. La Lega potrebbe passare dai 28 consiglieri eletti nel 2018 (rimpinguati dagli ingressi successivi) a 13 eletti nel 2023.
Il pronostico è fosco, ma attendibile. D'altra parte, gli addetti ai lavori sanno bene che, con questo Consiglio regionale, a ogni punto percentuale preso in Lombardia corrisponde circa un seggio, e se la Lega nel 2018 aveva sfiorato il 30% (fece un eccezionale 29,65%, con oltre un milione e mezzo di voti) stavolta si è dovuta accontentare di 700mila voti, il 13,9% circa appunto. Se si
considera che questa previsione, che circola, le assegna due seggi a Milano, e probabilmente anche a Brescia e Bergamo - le circoscrizioni elettorali più popolose - questo significa che al Carroccio restano sei seggi per le altre nove province, che è come dire che - se dovesse andare più o meno come la settimana scorsa - non ci sarebbe un eletto in tutte le province. Lo scenario è terrificante, anche perché potrebbero restare «all'asciutto» province più piccole, come Sondrio, o Lodi, che sono importantissime per la Lega e che oggi danno assessori e consiglieri. Il Lodigiano, per esempio - anche per la qualità dei suoi eletti - esprime due assessori, molto quotati, come Pietro Foroni e Guido Guidesi, e una consigliera come Selene Pravettoni.
Altro problema, che si aggiunge, è che alle recenti Politiche non sono stati candidati per scelta generale gli amministratori regionali, per cui è mancato uno «sbocco» istituzionale che aveva sempre consentito un certo ricambio e una «crescita» degli eletti in Regione, come normale che sia.
I voti persi dalla Lega, intanto, sono andati agli alleati, soprattutto a Fratelli d'Italia, partito che è in grande spolvero in tutto il Nord, tanto da ottenere in Lombardia il 27,6% (quasi un milione e mezzo di voti). Se anche alle Regionali dovessero ripetersi dati simili, è fisiologico che FdI - che pure non sembra reclamare il candidato governatore - pretenda poi legittimamente anche una rappresentanza maggioritaria in giunta.
Se anche i prossimi risultati della Lega saranno deludenti, insomma, in vista ci saranno sacrifici su tutta la linea: meno posti che in passato sia in Consiglio che in giunta. Ovviamente, i leghisti sono intenzionati a fare di tutto per far sì che i risultati siano molto diversi da quelli di un mese fa. E hanno buone ragioni per ritenere che il radicamento territoriale del partito, e le dinamiche politiche così mutevoli, a marzo (o quando sarà ) possano dare un risultato diverso da questo recente, così amaro.
La Lega conta di far pesare il suo tradizionale radicamento, e di invertire il trend, insomma, ma intanto è normale che questo scenario agiti il gruppo e il partito. E mentre, ormai fuori dalla Lega, rifioriscono iniziative e fermenti autonomisti - animati da Gianni Fava e da altri, ormai da tempo fuori dal partito - anche dentro la battaglia si scalda. Allo scoperto è uscito Un comitato del Nord che avrebbe come ispiratore il vecchio leader, Umberto Bossi, e come fautori - concretamente - Paolo Grimoldi e Angelo Ciocca. Grimoldi ha raccontato di aver incontrato Umberto Bossi lunedì mattina: «Mi ha chiesto - ha detto - se avevo voglia di dare una mano a lui per strutturare questo Comitato Nord». «Il Comitato del nord di Bossi - ha spiegato l'eurodeputato pavese - è un'operazione anti-sfascio della Lega. Non ho nulla contro la progettualità di essere una forza a livello nazionale, però la Lega ha delle radici e senza le radici non si sta in piedi».
Fonte Il Giornale
Nessun commento:
Posta un commento