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lunedì 26 settembre 2022

La vittoria di Fratelli d'Italia e lo spazio politico che si apre per Italexit. L'analisi di Mercogliano

 


di Luigi Mercogliano

Tanto di cappello a Giorgia Meloni e a Fratelli d'Italia. Chi non ne riconosce la vittoria schiacciante è stupido. E, al di là di come la si possa pensare su di lei e sui suoi, va dato atto a Fratelli d'Italia di aver conseguito un risultato storico. Chapeau.

Ma va fatta una breve analisi su questo voto, che tenga conto di meriti e demeriti anche di chi oggettivamente ha vinto le elezioni e di tutti gli altri.
Fratelli d'Italia e la sua leader - che, ormai non vi è più alcun dubbio, sarà premier - hanno vinto, anzi, stravinto. Ma adesso dovranno dimostrare di saper governare. E c'è sul tavolo della futura Premier un macigno grande come una casa, anzi due: in primis, la guerra. L'Italia in guerra contro la Russia al fianco della Nato continuerà a scavarsi da sola la fossa. La campagna elettorale è passata e le lobby internazionali sono state ampiamente rassicurate. Adesso però resta il problema della guerra, del pericolo che il conflitto si estenda su larga scala dopo l'esito scontato del referendum in Donbass e degli effetti catastrofici su sicurezza mondiale ed economica che questo sicuramente avrà. Come lo gestirà la prossima Presidente del Consiglio dei Ministri con l'attuale sua classe dirigente - ed è il secondo problema che pesa sul tavolo della Meloni - totalmente inesistente e non percepita in alcun modo sui territori (il caso Campania e Napoli in particolare la dicono lunga su questo)?
Veniamo agli altri di centrodestra.
La Lega, specialmente al Sud, scompare. Le velleità di Salvini di costruire il partito nazionale si sono infrante su un miserevole 9% che apre la strada ad una notte dei lunghi coltelli che, probabilmente, vedrà il movimento fondato da Umberto Bossi ridimensionarsi ancora di più e probabilmente avere un ruolo marginale nel Governo.
Forza Italia invece dovrebbe preoccupare la Meloni. Perché il Cavaliere, oggi rieletto anche senatore e chissà forse anche prossimo presidente del Senato, sarà sicuramente un guardiano del sistema che ad ogni giro di boa, con la collaborazione delle sue quinte colonne come Pera Rotondi Terzi di Sant'Agata e altri piazzate in Fratelli d'Italia, ricatterà la Meloni costringendola a cambiare strada. Vedremo cosa accadrà.
Quanto al centrosinistra, è evidente la sonora e profonda sconfitta. Ne vedremo delle belle, anche in relazione alla Campania dove il sistema De Luca è stato chiaramente sconfitto dai Cinque Stelle. Ma una cosa va detta: finalmente le sinistre perdono e dovranno consegnare al paese un governo eletto democraticamente dal popolo nel quale loro, viva Dio, non ci saranno. Alleluia.
E veniamo al M5S.
È evidente che qui il fattore determinante sia stato il Reddito di cittadinanza. Chi credeva di metterlo in discussione ha dovuto fare i conti con i dati, che qui al Sud, specialmente a Napoli, parlano chiaro: 600 mila famiglie napoletane sopravvivono col Reddito di cittadinanza e alla fine queste 600 mila famiglie, unite alle altre svariate decine di migliaia nel resto della Camania e alle altre centinaia di migliaia in tutto il Sud, hanno determinato la sconfitta della Destra in tantissimi collegi tra Camera e Senato, non solo a Napoli e provincia ma in tutta la regione e nel Meridione intero. Bisognerà fare i conti con questa realtà prima o poi. E solo una politica che abbia classe dirigente seria potrà riuscirci.
Terzo polo.
A mio avviso Renzi - trainandosi un non pervenuto Calenda - dimostra ancora una volta di essere un politico capace di leggere numeri e scenari. Sarà determinante, guardando a Forza Italia, soprattutto quando la Meloni andrà a sbattere sulle prossime finanziarie che, ahimè, saranno terribili per gli italiani.
Una considerazione - purtroppo amara - va fatta sulle liste di Alternativa al sistema. Se sommiamo i dati di Italexit, Italia Sovrana, Alternativa per l'Italia e tutto il resto della galassia antisistema ci rendiamo conto che la strategia di Paragone e Rizzo, che non si sono alleati tra loro e non hanno dato vita a un unico blocco anti Draghi e anti UE anche con Adinolfi Di Stefano e gli altri antisistema soltanto per gelosie e veti contrari, si è rivelata un fallimento totale. Oggi sarebbero in Parlamento se avessero fatto fronte comune, anziché dividersi apparendo così non credibili per l'elettorato.
È significativo oltremodo il dato dell'affluenza, sempre più in calo. Quasi il 40% degli italiani non segue più la politica. Dove sono finiti e come intercettarli nuovamente?
In conclusione, una cosa su tutte va ribadita con forza: chi FERMERÀ LA GUERRA E SALVERÀ L'ITALIA dal precipizio a cui è prossima?
Ritengo che la nostra battaglia più coerente debba essere oggi quella di mettere da parte i toni della campagna elettorale - nella quale, e lo rivendico con forza, abbiamo fatto emergere le lacune della classe dirigente di Fratelli d'Italia e messo in evidenza tutte le contraddizioni di Giorgia Meloni - per proseguire al fianco di Gianni Alemanno il lavoro di sensibilizzazione della politica sull'unica vera priorità di questo paese e cioè Fermare la Guerra e Salvare l'Italia dalla catastrofe annunciata. Se, perseguendo questo obbiettivo, l'ex sindaco di Roma desse vita strada facendo anche a un partito, vi aderirei convinto perché ritengo che ci sia su questa direttrice di coerenza e intelligenza uno spazio politico chiaro, che presto diventerà ampio per effetto delle difficoltà a cui senza classe dirigente valida e con fortissime contraddizioni interne Fratelli d'Italia proiettata al governo andrà inevitabilmente incontro.

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