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mercoledì 3 febbraio 2021

Britannia 1992, c'era anche Draghi a svendere l'Italia

 




Il 2 giugno del 1992 il "Britannia" attraccò al porto di Civitavecchia. Solo per qualche ora: il tempo di imbarcare una bella quantità di ospiti italiani, appartenenti a un'altra classe che non ha tempo da buttare. Chi si fosse appostato alla banchina, avrebbe potuto veder salire sul panfilo imperiale, in rigorosa "cravatta nera" Giovanni Bazoli dell'Ambro-veneto, Riccardo Gallo dell'Iri, Antonio Pedone del Crediop, Mario Draghi del Ministero del Tesoro ed altri esponenti della finanza nostrana: capintesta delle Assicurazioni Generali e della Banca Commerciali, rappresentanti dell'Eni, dell'Iri, della Società Autostrade e Beniamino Andreatta, di lì a poco ministro degli Esteri nel governo Ciampi. Quando tutti furono saliti, il regale battello levò le ancore discretamente, per raggiungere acque extraterritoriali. Al riparo da orecchie profane e, come è bene notare, sul territorio britannico. Fu solo per suggestione se a qualcuno parve allora di udire, dalla bianca nave, le parole superbe dell'inno imperiale? Britannia rules the wawes, Albione comanda ai mari.

Di cosa parlarono quei signori? Sappiamo solo che si parlò di privatizzazioni, ossia come dovesse avvenire la vendita delle aziende para-pubbliche di cui lo Stato Italiano era sul punto, volente o nolente, di liberarsi. Gli influenti italiani ospitati, gente dura, gente arrogante in patria, come ben sappiamo, ascoltarono col cappello in mano, devotamente umili, consigli e ingiunzioni che le bocche dell'Alta Finanza Britannica impartivano loro. Quali consigli? Quali ingiunzioni?....

Una questione di primario interesse nazionale fu trattata non già in sedi nazionali, al Ministero del Tesoro, ad esempio, ma segretamente sotto una bandiera straniera, in condizioni che non si possono che definire umilianti per il nostro Paese. L'evento in ossequio a desideri superiori, fu taciuto dalla grande stampa italiana....

Cosi dei colloqui della nave di Elisabetta si parlò solo mesi dopo: nel gennaio del 1993 un bollettino dell'intelligence che fa a capo a Lyndon La Rouche mise a fuoco la vicenda. Il caso fu ripreso da un settimanale uscito da poco, l'Italia di Marcello Veneziani. Ne nacquero interrogazioni parlamentari: deputati come Antonio Parlato(Msi), come Raffaele Tiscar(Dc) la senatrice Edda Fagni(Rifondazione Comunista) chiesero di sapere dal governo Amato cosa s'erano detti, i finanzieri italiani e quelli inglesi sul Britannia. L'unico a sentire il dovere di rispondere fu Mario Draghi, l'altissimo funzionario del Ministero del Tesoro che era salito sullo yacht quel 2 giugno: e ammise d'aver provato tale imbarazzo per l'umiliante convocazione sul panfilo inglese, da chiedere di leggere il suo discorsetto quando il panfilo era ancora attraccato a Civitavecchia, per poter scenderne subito, evitando di rimanere intrappolato sul suolo Britannico.

Maurizio Blondet I complotti, i fili invisibili del mondo

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