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sabato 24 ottobre 2020

Clemente Ultimo: lo “sceriffo”, l’avvocato e la pentola in ebollizione



La camorra, i neofascisti, gli antagonisti, le frange violente della tifoseria: ci sarà tutto questo nel corteo che ha acceso la notte napoletana dello scorso venerdì – toccherà agli investigatori chiarirlo, piuttosto che a qualche giornalista d’inchiesta “da tastiera” -, ma non c’è solo questo. In piazza sono finite anche la rabbia e la preoccupazione di una larga parte dei “non garantiti” – si legga a questo proposito l’ottima riflessione di Enrico Mentana, non proprio un sovversivo da barricate -, di quanti vedono nella possibilità di un nuovo blocco totale delle attività la concreta prospettiva del collasso delle proprie attività economiche. Ristoratori, baristi, commercianti, i loro dipendenti (sì, anche quelli a nero), ma anche piccoli imprenditori, professionisti che vedono erodersi sempre più il bacino di potenziali clienti. E del resto con le attività ferme a chi dovrebbero vendere i propri servizi questi professionisti?

Che la platea di manifestanti fosse ben più ampia di quella “individuata” dai principali mezzi di informazione lo dimostra il fatto che nella stessa notte presidi e manifestazioni hanno interessato anche altre città, piccole e grandi, della Campania. Manifestazioni assolutamente pacifiche, svoltesi nel pieno rispetto delle regole di sicurezza sanitaria. In qualche caso conclusesi con l’applauso dei manifestanti alle forze dell’ordine. Come a Salerno. Sì, proprio il feudo politico-elettorale di Vincenzo De Luca. Quello che con un’incoscienza che sfiora la predeterminazione ha dato fuoco alle polveri, minacciando in diretta Facebook un nuovo blocco totale. Senza una previa concertazione con il governo, senza confronto con le parti sociali e, soprattutto, senza spiegare come si sarebbe sostenuta l’economia campana non per i prossimi quaranta giorni – quelli della minacciata chiusura -, ma per i prossimi mesi.

Perché questo dato deve essere chiaro a tutti: la Campania economicamente è sull’orlo del fallimento. E di conseguenza è una vera e propria polveriera sociale. Una regione in cui il lavoro nero e la precarietà in molti casi rappresentano, paradossalmente, l’unica ancora di salvezza per decine di migliaia di famiglie, indicare brutalmente come unica soluzione il chiudere tutto è da irresponsabili come ci racconta il collega Clemente Ultimo dalle pagine virtuali de Il Guastatore, in un interessante articolo che potete leggere integralmente cliccando qui




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