Limonov era stato ricoverato ad ottobre per problemi di saluti, dai quali si era ripreso, come dimostra il tour di presentazione del suo libro Il Boia, pubblicato da Teti Editori, con diversi incontri, su e giù per lo stivale.
Sull'improvvisa morte del militante politico, scrittore, punk, ultima icona dell'underground russo intervisto Mario Colella, speaker radiofonico, conduttore di diversi programmi radiofonici come Vite che non sono le nostre e Viaggi Organizzati al quale pongo alcune domande.
Mario, è morto Limonov, lo incontrammo poche settimane fa a Napoli.
Un colpo, anche se quando abbiamo incontrato insieme Limonov, lo scorso 9 dicembre, a Napoli lo abbiamo visto malandato, molto distante dall'immagine del quasi punk o del militante dissidente (anche ai dissidenti) che ci verrà tramandata.
Quale è il tuo ricordo?
E' andato via un grande scrittore e anche un uomo che ha sempre identificato letteratura e vita, arte e vita, che va ricordato essenzialmente per questo, non solo perché era una voce controcorrente, sfidando sia il liberalismo sia Putin, ma anche perché a differenza dei nostri scrittori, ha vissuto.
A caldo, cosa ti rimane impresso di un personaggio cosi complesso?
Ci rimarrà impresso con quel suo sguardo ancora pieno di lampi di fuoco ma anche da uomo ammalato, quando ci ha detto che sarebbe andato a Capri, il giorno dopo l'incontro a Napoli, sulle orme di Lenin, perchè prima di morire avrebbe voluto vederla almeno una volta.
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