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domenica 12 gennaio 2020

Salvini: negli atti del processo di Torino spunta la condanna per razzismo per i cori anti napoletani a Pontida


Dal processo per vilipendio alla magistratura che si è aperto a Torino emerge un "precedente" di Matteo Salvini sfuggito alle cronache, con un decreto penale emesso da un giudice di Bergamo, che condannò l'attuale leader della Lega al pagamento di una pena pecuniaria di 5700 euro per un coro razzista nei confronti dei napoletani.
I fatti risalgono al giugno del 2009, in occasione della tradizionale festa del Carroccio, in quel di Pontida. All'epoca Salvini era deputato alla Camera dei Deputati, capogruppo della Lega Nord al comune di Milano ed era stato eletto parlamentare europeo.
Alcun giovani padani gli fanno il coro personale di benvenuto: e' Matteo il capogruppo, è Matteo il capogruppo. Lui risponde con un classico coro che si sente spesso e volentieri negli stadi italiani : " senti che puzza, scappano anche i cani, sono arrivati i napoletani... o colerosi, terremotati, voi con il sapone non vi siete mai lavati.
Un video diffuso sui principali social network e con migliaia di visualizzazioni su YouTube.
In Parlamento non poteva non scoppiare la bagarre. E Salvini, chiede scusa e si dimette( anche se si sarebbe dovuto dimettere lo stesso in quanto eletto in Europa).
Due cittadini, nativi di Napoli, residente al Nord per motivi di lavoro querelano il leader del Carroccio. La Procura della Repubblica di Bergamo apre un fascicolo. Il leader leghista viene iscritto nel registro degli indagati per diffamazione e violazione della Legge Mancino che punisci chiunque istighi a commettere o commetta atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi.
Il Pubblico Ministero ritenendo che l'indagato debba subire solo la pena pecuniaria, chiede al giudice l'emissione di quel decreto penale di condanna che adesso è finito negli atti del processo di Torino.
E' stato Emilio Gatti, procuratore aggiunto a chiedere di acquisirlo, sostenendo che può servire a fare luce sulla personalità dell'imputato, ed il giudice, Roberto Ruscello, l'ha ammesso.

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